Rapporto Uil sulla cassa integrazione

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DATI RIFERITI AL MESE DI LUGLIO 2015

Sono state 418 milioni le ore di cassa integrazione richieste dalle aziende tra gennaio e luglio di quest’anno (-29,9% rispetto allo stesso periodo dello scorso anno). Questo ammortizzatore sociale, quindi – dichiara Guglielmo Loy, Segretario Confederale UIL – ha “mantenuto in vita”, mediamente e potenzialmente, 350 mila posti di lavoro.

Nel solo mese di luglio le ore richieste sono state  52,4 milioni, con una diminuzione, non insignificante, sia rispetto a giugno (-22,8%) che allo stesso mese dello scorso anno (-26,9%).

La flessione di ore autorizzate tra giugno e luglio ha interessato in maniera indistinta, tutte e tre le gestioni di cassa integrazione, ma in misura preponderante – commenta Loy – soprattutto quella in deroga (- 48,6%) sulla quale, come ci informa la stessa Inps, ha influito la concomitanza di mancanza di risorse assegnate alle Regioni e la riduzione della durata “autorizzabile” per effetto dei decreti del 2014 (tetto massimo di 5 mesi). Il calo della CIGO è del 4,2% e della CIGS del 10,1%.

Nelle 3 macro aree, la diminuzione più forte è nel Mezzogiorno (-48,6%), seguita dal Nord (-15,1%) e dal Centro (-10,5%).

A fronte di una diminuzione complessiva di richieste di cassa integrazione, di converso, in 9 Regioni si registra un aumento. In testa, laLiguria per il maggior incremento di ore richieste rispetto a giugno (+242,7%) dovuto a un picco molto forte di ore di CIGS (+808,8%) e causato – spiega Loy – dalla massiccia dose di richieste provenienti dalle aziende di Imperia e Genova. Seguono la Calabria(+142,3%) e la Sardegna(+126,6%): anche per queste due regioni il motore dell’incremento di richieste è stata la CIGS. Meno eclatante, ma non meno significativo, è l’incremento fatto segnare dalle altre 6 Regioni: Basilicata (55,1%)Lazio (49%)Molise (32,9%)Toscana (19,8%)Lombardia (19,7%)Campania (8,6%). Dall’analisi dei dati condotta sulle 9 Regioni in questione, emerge in maniera inconfutabile, che in 7 di esse la crescita di ore richieste è direttamente ricollegabile a uno stato di crisi strutturale delle aziende, come dimostrato dai forti aumenti di CIGS.

Anche 35 Province sono interessate da aumenti di richieste di cassa integrazione. In una sorta di classifica provinciale, troviamo ai primi 5 posti Enna (+ 910,7%), Reggio Calabria (+847,2%), Isernia (+ 800,8%), Genova (+ 586,2%) eCuneo (+358,4%). 

A livello di settore produttivo, il maggior contenitore di ore richieste, continua a essere, anche nel mese di luglio, l’industria che, con oltre 37 milioni di ore, assorbe oltre i 2/3 delle richieste mensili, seguita dall’edilizia e dal commercio (poco più di 6 milioni di ore a settore) e dall’artigianato (2,7 milioni di ore).

Il generale calo di cassa integrazione, in particolare rispetto alle gestioni Ordinaria e Straordinaria, potrebbe essere un segnale positivo poiché indicherebbe una ripresa della produzione se, però, fosse accompagnato da altri 2 indicatori: meno domande di disoccupazione e più occupati.

Purtroppo, non sembra essere ancora così, in quanto già nei primi mesi di entrata in vigore della Naspi, si assiste a una crescita delle domande presentate (tra maggio e giugno sono state oltre 150 mila e si riferiscono ai rapporti di lavoro cessati a partire dal 1 maggio scorso). Ciò segnala un parziale travaso verso la vera e propria disoccupazione di persone che erano in aziende in difficoltà.

Inoltre, rimane del tutto inattendibile il dato della cassa in deroga che, come ammette la stessa INPS, è troppo condizionato dalla non certezza delle risorse assegnate alle Regioni. In sintesi – conclude Loy – il dato sugli ammortizzatori fotografa lo stato della nostra economia: una ripresa debolissima che ancora non è sostenuta da efficaci politiche per la crescita.

In prossimità dell’approvazione da parte del Governo del Decreto attuativo del Jobs Act sulla cassa integrazione, è auspicabile che lo stesso Governo riveda la non realistica ipotesi di riduzione della durata della Cassa Integrazione. Questo intervento, in presenza di un segnale troppo flebile di ripresa, potrebbe alimentare quel negativo travaso di persone dalla cassa integrazione alla vera e propria disoccupazione.

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