Nè reddito, né pensione l’esercito di disoccupati «maturi» lucani

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La disoccupazione non ha età. E le contromisure non possono essere confinate esclusivamente nel pianeta giovani. Se per i ragazzi non manca qualche spiraglio, compresa la possibilità di «spendersi» fuori dai confini regionali e nazionali, la fascia d’età compresa tra i 35 e i 55 anni, espulsa o che addirittura non è mai entrata nel mondo del lavoro, rischia di non lavorare più. Purtroppo il fenomeno non è circoscritto, ma interessa ormai 1.600 lucani che vivono una condizione di estrema indigenza non degna di un Paese civile. Un disoccupato con oltre 40 anni di età ha chiara la percezione, dopo aver cercato invano un lavoro, di essere ai margini del contesto sociale in cui vive: mancanza di un’occupazione e malessere psicologico possono portare a gesti estremi. Si è più vulnerabili del giovane alla ricerca del primo impiego, si è in un’età in cui si incomincia a fare il proprio bilancio esistenziale, a registrare un fallimento spesso dovuto ad altrui responsabilità, ma i cui effetti cadono comunque su di lui, sui suoi figli, mettendo in discussione identità familiari e personali.

In Basilicata lavora soltanto il 66% di coloro che hanno una età compresa tra i 35 ed i 44 anni, contro il 76% dell’Italia e l’80% dei Paesi dell’U e. Analoghi scarti riguardano gli altri segmenti sociali in età adulta. E va aggiunto che si tratta di dati sovrastimati per la Basilicata: l’occupazione nasconde molti anziani che lavorano in agricoltura con bassi livelli di produttività, in condizione di sostanziale sottoccupazione. Siamo di fronte ad una piaga sociale, la disoccupazione «matura», che nasce fondamentalmente da una discriminazione, di cui ancora non esiste piena consapevolezza. Il numero dei disoccupati tra i 35 ed i 65 anni è in costante aumento (in Italia 3 milioni e 500mila individui, tra disoccupati ed inattivi).

Le offerte di lavoro, le poche disponibili, sono quasi esclusivamente riservate agli under 35 grazie anche agli sgravi fiscali previsti. Di qui parte una richiesta che sta facendo proseliti su internet: convincere il Governo a prevedere interventi per favorire l’oc – cupazione di chi non è più giovanissimo. A porre fine, come dicevamo, ad una discriminazione anagrafica. Sono tanti i lucani che in questi giorni hanno firmato un appello on line. Si tratta di una lettera inviata, tra gli altri, al premier Letta, ai ministri dell’Economia, del Lavoro e delle Pari opportunità, in cui si evidenzia, statistiche alla mano, la gravità della situazione legata ai disoccupati «maturi». Per loro è già stato coniato un nuovo termine, esuberati, sulla scia degli esodati: disoccupati, con qualche capello bianco in più, che crisi, mobbing e incentivi all’esodo hanno indotto ad uscire dal mondo dell’impiego e a rimanere senza stipendio e senza pensione (per alcuni ancora troppo lontana). È l’ennesima, complicata questione che, stavolta, riguarda quelle persone che si trovano, come gli esodati del resto, senza entrate mensili e con u n’età anagrafica «bocciata » dalle aziende.

Per venire incontro alle esigenze di questa frazione di «disperati» si ipotizzano alcune soluzioni: introduzione di un’indennità di disoccupazione generalizzata, per tutti coloro che si trovano senza lavoro; collocamento obbligatorio attraverso una lista di iscrizione ai centri per l’impie go, anche ad uso transitorio per un periodo non inferiore ai 24 mesi, riservata ai disoccupati tra i 35 e i 65 anni; rivedere lo stato pensionistico contributivo, prevedendo eccezioni, per i disoccupati over 50 e con un minimo di anni di contributi già versati; promuovere una campagna presso le aziende, di sostegno al lavoratore «maturo » per restituire valore produttivo, dignità e utilità a chi ha più di 35 anni. Considerato giovane per la pensione, ma vecchio per il lavoro.

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