Insufficienti le norme per la stabilizzazione sul precariato emanate dal governo

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Le misure varate dal governo Letta in materia di stabilizzazione del lavoro precario nella pubblica amministrazione, come riconosciuto da più parti, sono largamente insufficienti per affrontare in modo strutturale la piaga del precariato diffuso nelle amministrazioni pubbliche. Innanzitutto il recente decreto del governo sul precariato si riferisce solo ed esclusivamente alle tipologie di contratto a tempo determinato ovvero ad una forma del precariato che negli enti pubblici non è affatto maggioritaria e se si pensa alla Basilicata si denota infatti una netta prevalenza dei contratti di collaborazione rispetto alle altre modalità di contratti a termine. Il governo stima in circa 150.000 i lavoratori precari pubblici a tempo determinato che sarebbero interessati da tale provvedimento, tuttavia bisogna attenersi, per assorbire questa platea, a precisi paletti che finiranno per ridimensionare di molto i numeri dei possibili ‘stabilizzandi’; bisognerà aver prestato servizio nelle pubbliche amministrazioni per almeno tre anni negli ultimi cinque anni, le procedure selettive per l’assunzione definitiva dovranno contenere una riserva del 50% di posti per i precari con il requisito minimo di anzianità suddetto ma soprattutto il provvedimento governativo prevede comunque anche l’assunzione di coloro che sono già vincitori di concorsi e gli scorrimenti delle graduatorie saranno possibili sino al 2015. A tutto ciò bisognerà aggiungere la necessità del rispetto del patto di stabilità che vede sempre vincolate le assunzioni nuove ai turn-over legati ai pensionamenti. A fronte di tali limitazioni si calcola che con questo provvedimento nella migliore delle ipotesi potrebbero trovare sistemazione non più di 80.000 precari entro il 2015 (che godranno quindi di ulteriori proroghe fino alla scadenza del periodo utile per le stabilizzazioni), ma quello che però non si sottolinea abbastanza è che comunque la indizione di procedure concorsuali per i precari resta facoltativa per la pubblica amministrazione. Il governo dice di voler effettuare un ulteriore censimento di tutte le figure del precariato pubblico, che già ad oggi si sa che nelle maggior parte dei casi sono collocati presso gli enti regionali, poiché si intende superare definitivamente le consulenze nelle pubbliche amministrazioni riducendole solo ai casi di eccezionalità e di breve durata, tuttavia un conto sono le consulenze strapagate effettuate da professionisti esterni e un conto è il lavoro con contratti parasubordinati che vanno ancora sotto il nome di consulenze ma nascondono un vero e proprio rapporto lavorativo di subordinazione, anche queste forme di lavoro si dice di voler superare definitivamente. Il Ministro alla Pubblica Amministrazione D’Alia voleva infatti estendere il provvedimento di stabilizzazione anche ai collaboratori a progetto che in tanti casi hanno un’anzianità anche maggiore rispetto ai lavoratori a tempo determinato, ma i veti ideologici del Popolo della Libertà hanno impedito questa soluzione. Quello che preme rilevare però è il principio che sancisce il decreto legge sulla pubblica amministrazione ovvero bisogna evitare scorciatoie che favoriscono l’ingresso nella pubblica amministrazione senza concorso e allo stesso tempo bisogna tener conto di chi, con selezione a monte o senza di essa, comunque ha prestato oramai da molti anni servizio negli uffici pubblici e per questo non può rimanere nella perenne condizione di lavoratore con meno diritti e meno che mai può essere scaricato senza alcun riconoscimento sostanziale per l’attività svolta per lungo tempo. Resta il paradosso per cui il decreto legge che vuole rafforzare il principio meritocratico, stabilizza i titolari di contratto a tempo determinato che hanno già fatto una selezione e devono comunque sostenerne una successiva ma esclude i collaboratori a progetto che in molti casi sono entrati senza selezione e non hanno neppure la possibilità di concorrere a selezioni con le prerogative derivanti dalla esperienza maturata. In virtù di tali disposizioni governative, se pur molto parziali, resta ancor più incomprensibile l’ormai famoso bando della Regione Basilicata che prevede di selezionare ancora con contratti a progetto altri cinquanta collaboratori per attività che già vengono svolte da precari di lunga data. I precari della Regione Basilicata operano da oramai un decennio nell’ente pubblico e per continuare a lavorare dovrebbero superare una selezione quando molti di loro ne hanno già fatta una per l’ingresso. Tale ulteriore selezione è vincolante per il prosieguo dell’attività lavorativa dei precari storici ed è aperta anche all’esterno; non vi è alcuna riserva di posti per chi ha più anzianità di servizio ma soprattutto si prevede di inserire cinquanta precari compresi tra possibili ingressi ex novo e attuali precari storici che si contano in non meno di novanta unità; di fatto più che una selezione è un taglio drastico del precariato storico in una misura che non è dato sapere se non dopo che la selezione avrà dato i suoi verdetti. La Regione Basilicata si è data recentemente una regola per cui gli ingressi di nuovi collaboratori debbono avvenire obbligatoriamente tramite selezione, ma perché in questa regola si sono voluti inserire arbitrariamente anche coloro i quali collaborano continuativamente per la Regione stessa già da molti anni? Riteniamo giusto in nome di una non precisata meritocrazia mandare a casa lavoratori oramai quarantenni? Quanto pesa la pur giusta questione del merito rispetto alle questione sociale? Si debbono invece tenere insieme entrambe le questioni, senza disoccupare persone che a parte il fatto di avere famiglia sono lavoratori qualificati che potrebbero ancora essere utilizzati grazie ad una copertura finanziaria dei fondi europei che è abbondantemente sufficiente per impiegare al meglio le unità lavorative già presenti negli uffici regionali. L’ulteriore ingresso di precari in Regione risulterebbe inoltre in totale controtendenza rispetto a quanto è stato stabilito dal governo qualche giorno fa.  

                                                                                Gorpia Raffaele

 

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