Dal 2008 al 2014 persi 811 mila posti di lavoro, di cui 355 mila con rapporti di natura subordinata.
Un gap molto difficile da recupare vista l’assenza di reali politiche di crescita e sviluppo, in particolare nelle aree più fragili del Paese.
La temperatura febbricitante del nostro sistema produttivo è misurata dal forte calo dell’occupazione che continua a investire, in particolare, il settore delle costruzioni anche tra il 2013 e 2014 (-4,4%), oltre alla continua crescita del tasso di disoccupazione, soprattutto giovanile.
Lo scoraggiamento nella ricerca di un lavoro vede un picco di aumento vertiginoso soprattutto tra coloro, in specie ragazze e ragazzi, che ritengono di non riuscire a trovare un’occupazione ai quali il programma “garanzia giovani” non ha sostanzialmente risposto.
Il timido segnale di una ripresina occupazionale (più 88 mila occupati tra il 2013 e 2014) va letto con cautela, poiché ciò che aumenta è un’occupazione temporanea, in cui la flessibilità oraria è essenzialemnte involontaria. Elementi, questi, che sono sintomatici di una perdurante situazione di debolezza del nostro mercato del lavoro e dei lavoratori.
Il cambio di rotta è fondamentale, ma non può avvenire con misure e incentivi indiscriminati e non selettivi che, favorendo contratti a “tempo determinato incentivati”, indeboliscano il sistema di tutele oltretutto con una rete di protezione debole e non innovata.