SINTESI DEL DIBATTITO SUL RIORDINO DEL SISTEMA SANITARIO REGIONALE

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DSCN2312-300x224La riforma del Sistema Sanitario Regionale non deve essere un atto dettato dalle contingenze normative e dalle ristrettezze economiche crescenti, ma uno strumento capace di intercettare i nuovi bisogni di salute dei cittadini lucani.

Il Dgl 70, l’introduzione della normativa europea sui turni di lavoro, nonché i limiti imposti dalle ultime leggi finanziarie nazionali, devono essere adattate alla realtà lucana che, come è noto, presenta emergenze di diversa natura: geografiche, demografiche ed ambientali.

Perciò, occorre chiedere al Governo le necessarie deroghe in modo da affrontare la riforma avendo il tempo necessario per fare un’analisi dei fabbisogni di salute della popolazione lucana e delle aree limitrofe e una verifica reparto per reparto, ospedale per ospedale evidenziandone le criticità e le risorse a disposizione in modo da rimodulare l’offerta dei servizi.

Al Governo occorre con forza far capire che le immense ricchezze energetiche che la Basilicata offre al Paese hanno dei costi enormi, che non sono adeguatamente compensate, e che la cosiddetta spesa storica (quella attestata al 2004 meno l’1,4%) non tiene conto dell’attivazione a quella data sia dell’IRCCS CROB, sia del servizio di emergenza urgenza 118.

In considerazione di ciò, questi vincoli devono rappresentare un perimetro flessibile all’interno del quale muoversi e non già la camicia di forza per condizionare scelte di una tale complessità che attengono i diritti fondamentali dei cittadini e la stessa coesione sociale.

Non si può riformare il sistema facendo violenza ai territori! Al momento si parla esclusivamente di una razionalizzazione funzionale del sistema, aggregando e scomponendo ospedale e servizi, che possono pure realizzarsi se utili a costruire un processo di integrazione dei servizi socio –sanitari che puntino sull’innovazione, sull’eccellenza e sull’efficientamento del SSR. Quello che interessa il sindacato è che lo stesso sistema mantenga il suo carattere universalistico e solidaristico e la prevalenza pubblica. Che vengano garantiti i territoti, i livelli occupazionali, nonché la salvaguardia dei diritti dei cittadini e di chi ci lavora.

Perciò è fondamentale potenziare una solida rete di emergenza-urgenza, investendo in mezzi, risorse umane, professionali e tecnologiche del 118. Rilanciare e rafforzare l’ospedale S. Carlo e il Madonna delle Grazie di Matera,

valorizzandone il ruolo di riferimento per le alte specialità e per le reti cliniche dei servizi ospedalieri. Ridisegnare e riqualificare gli altri quattro presidi ospedalieri, sedi di PSA che diventano “ Ospedali di base rafforzati”.

In questi presidi, allocare gli interventi di media complessità e di media assistenza, legati anche al bacino di riferimento riorganizzandolo per complessità crescenti nella rete dei servizi regionali per acuti. Rendere ancor di più l’IRCCS CROB di Rionero un centro oncologico e di ricerca di eccellenza che interagisce con il reparto oncologico dell’Azienda Ospedaliera San Carlo. Realizzare, presso l’Ospedale di Pescopagano il Centro di Riabilitazione di Terzo livello per cerebrolesi e per gravi traumi cranici, un centro che porterà mobilità sanitaria dall’intero territorio nazionale. A questo proposito, è assolutamente da evitare lo scorporo dell’ospedale di Pescopagano dall’ Azienda Ospedaliera S. Carlo poiché un centro ad alta attività assistenziale deve essere legato ad un DEA , così come previsto dalla DDG n. 640 del 2004 e dalle intese della Conferenza Stato Regioni del 12.02.2011 e del 05.05.2011. Per la UIL mantenere le attività programmabili nei presidi di confine, magari con specializzazioni distinte, permetterebbe di governare il territorio, frenare la mobilità sanitaria passiva e attrarre quella attiva.

La UIL, inoltre, ritiene fondamentale attivare il modello di Distretto della Salute con la convocazione a fine anno di un’apposita Conferenza di Servizio. Il cronoprogramma dovrà prevedere l’ avvio delle Aggregazioni Funzionali Territoriali per far lavorare in gruppo i medici di medicina generale e le Unità Complesse di cure primarie per realizzare l’integrazione tra medicina generale, medicina specialistica, servizi socio-sanitari.

I sistemi sanitari che si affidano di più alle cure primarie, infatti, hanno outcome di salute, equità e condizioni di accesso, continuità delle cure superiori a sistemi più incentrati sulle cure specialistiche, nonché costi inferiori , con un aumento della soddisfazione dei pazienti e senza rischi avversi su qualità e stato di salute

Il dato più importante è la netta e progressiva crescita delle malattie croniche. Si è visto che, terminata la fase acuta ,il paziente non può più trarre dal ricovero ospedaliero dei benefici superiori a quelli che potrebbe ottenere in strutture deputate invece all’assistenza di una fase post-acuta. L’attivazione di strutture post-acuti possono rappresentare una valida ricollocazione dei piccoli ospedali che diventerebbero il raccordo tra ‘ospedale per acuti e l’assistenza domiciliare. Sistema di cure intermedie che potrebbe essere di due tipi uno (ospedale di comunità-RSA ) a conduzione dei Medici di Medicina Generale (MMG) i quali sono qualificati per la gestione o collaborazione tramite accessi per l’assistenza alla persona. L’idea portante dovrebbe essere quella di procedere nelle riconversioni delle strutture ospedaliere in strutture o per poliambulatori per medici di medicina generale associati in aggregazioni funzionali territoriali e strutture per ospedali di comunità o residenze sanitarie assistite dove il responsabile medico deve essere un MMG . Altro tipo di cure intermedie ,gestito da medici ospedalieri, sempre allocate in ospedali dismessi o riconvertiti, sono le degenze post acuti dove vanno i pazienti dopo un evento acuto o dopo un

post-operatorio sono stabilizzati e poi presi in carico o dalla famiglia o da strutture quali RSA o di riabilitazione. Infatti delle cure intermedie fanno parte le RSA ospedale di comunità , Hospice e strutture di lunga degenza . Sono un’area di servizi integrati sanitari e sociali-domiciliari ,residenziali e semi residenziali finalizzati a garantire la continuità dell’assistenza dopo la dimissione ospedaliera e a favorire il rapido recupero funzionale e la massima autonomia dei pazienti . L’attivazione e il rafforzamento di questa area assistenziale favorisce la prevenzione dei ricoveri impropri e /o non necessari. Altro intervento dovrebbe esser il potenziamento del servizio ADI (assistenza domiciliare integrata) che è la presa in carico dei pazienti sul territorio ,ma a casa propria ,e funziona come un ospedale territoriale dove il coordinamento delle cure è affidato al MMG ed il paziente ha assistenza medica specialistica e i costi sono inferiori alla degenza in ospedale .Bisogna ,quindi , potenziare l’assistenza territoriale che deve assolutamente passare dalla ristrutturazione della continuità assistenziale che deve essere intesa come continuità dell’assistenza e non ,come succede oggi , come guardia medica . Il 118 deve essere medicalizzato e con medici strutturati e non con medici precari. Si potrebbero utilizzare i medici dei PPI per il servizio in autoambulanza.

Il Segretario Regionale UIL FPL

Antonio Guglielmi

 

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